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Hikikomori: il ritiro sociale nell’adolescenza contemporanea

Nel panorama complesso dell’adolescenza contemporanea, un fenomeno emergente suscita particolare preoccupazione: l’hikikomori. Questa parola giapponese, derivata da “hiku” (ritirarsi) e “komoru” (nascondersi), descrive un comportamento estremo di isolamento sociale, tipicamente osservato tra giovani che si ritirano completamente dalla vita sociale e familiare, preferendo confinarsi in casa per lunghi periodi di tempo, talvolta anni.

L’adolescenza, da sempre considerata un periodo di crescita e maturazione, sembra invece oggi spesso contraddistinta da un ritiro verso un’interiorità che, anziché promuovere lo sviluppo individuale, rischia di condurre a un’auto-reclusione dannosa. Questo comportamento può essere influenzato da dinamiche familiari e sociali che non favoriscono una crescita autonoma e una sana separazione dai genitori. Questo fenomeno, sebbene originario del Giappone, sta assumendo contorni globali, influenzato dalle dinamiche culturali e sociali proprie di ogni contesto. È un riflesso delle tensioni interpersonali e delle pressioni educative che definiscono l’esperienza adolescenziale moderna, spesso amplificate dalle nuove tecnologie e dai social media, che possono fungere da doppio filo, facilitando la connessione e l’isolamento simultaneamente.

In Italia, l’Associazione Nazionale Hikikomori Italia stima che nella sola popolazione studentesca ci siano tra i 50.000 e i 100.000 hikikomori in fase 1. Questo suggerisce che tutte le stime quantitative sugli hikikomori in Italia fatte sinora dovrebbero essere riviste a rialzo. Fino a questo momento si è parlato di 100.000 casi nella penisola, considerando tutte le fasce d’età e i gradi di isolamento. Tuttavia, se davvero ce ne sono così tanti solo tra gli studenti, allora l’ipotesi più realistica è che in Italia gli hikikomori siano già oggi tra i 100.000 e i 200.000.

Le cause dietro l’hikikomori

Le cause dell’hikikomori sono complesse e multifattoriali. Oltre alle dinamiche familiari, possono contribuire fattori come elevati livelli di stress scolastico, difficoltà nelle relazioni interpersonali e la paura del giudizio sociale. L’adolescenza è un periodo cruciale in cui il processo di maturazione avviene attraverso l’apertura al sociale e lo spostamento del focus di riferimento dalla famiglia all’esterno. Tuttavia, i giovani che sviluppano il fenomeno dell’hikikomori possono percepire la casa come l’unico rifugio sicuro. Questa percezione li porta a isolarsi progressivamente dal mondo esterno per evitare situazioni che percepiscono come minacciose o stressanti.

È importante sottolineare che l’isolamento non riguarda solo il contesto sociale esterno, ma anche le relazioni familiari. Sebbene la casa diventi il luogo di rifugio, spesso vi è un isolamento anche dalle interazioni con i familiari. Gli hikikomori possono passare la maggior parte del tempo chiusi nelle loro stanze, limitando al minimo i contatti con i genitori e i fratelli. Questo isolamento estremo li porta a vivere in una sorta di bolla, in cui le uniche interazioni avvengono attraverso mezzi tecnologici come internet e i videogiochi. La famiglia, pur essendo fisicamente vicina, diventa un elemento marginale nella loro vita quotidiana.

Il ruolo della casa come rifugio è quindi ambivalente: da un lato offre un senso di sicurezza e protezione, dall’altro accentua l’isolamento e la disconnessione dal mondo esterno. Questo processo può essere ulteriormente aggravato dalla mancanza di interventi tempestivi e dalla difficoltà nel riconoscere i segnali di allarme. La percezione della casa come unico luogo sicuro rende difficile per gli hikikomori rompere il ciclo dell’isolamento e reintegrarsi nella società, poiché qualsiasi tentativo di uscire dalla loro zona di comfort può essere vissuto come estremamente stressante e minaccioso.

L’hikikomori non è solo un problema individuale, ma anche un fenomeno sociale che richiede un’analisi approfondita delle dinamiche culturali e sociali contemporanee. Le aspettative elevate e la competizione accademica possono contribuire a creare un ambiente stressante per i giovani, spingendoli verso comportamenti di isolamento come meccanismo di coping. Questa pressione per eccellere può portare gli adolescenti a sviluppare un senso di inadeguatezza e ansia, rendendo l’isolamento una scelta apparentemente necessaria per evitare il fallimento e il giudizio negativo.

Il ruolo dei genitori

Il ruolo dei genitori emerge come cruciale nell’analisi dell’hikikomori e dei suoi correlati fenomeni adolescenziali. Secondo diversi studi e analisi, i genitori giocano un ruolo significativo nel modellare le dinamiche familiari e l’ambiente educativo che possono influenzare il benessere emotivo e sociale dei loro figli. Alcuni genitori possono involontariamente promuovere una dipendenza emotiva nei propri figli, negando o minimizzando la necessità di confronti e conflitti sani durante la crescita. Questo comportamento può derivare dalla paura del “nido vuoto”, cioè la perdita del ruolo di caregiver dominante una volta che i figli crescono e diventano più indipendenti. Tale atteggiamento può contribuire a mantenere un ambiente familiare in cui i giovani non sviluppano pienamente le capacità di affrontare sfide e gestire autonomamente le loro emozioni e responsabilità.

Inoltre, le decisioni educative e relazionali dei genitori possono influenzare significativamente il percorso di sviluppo dei loro figli. Ad esempio, la scelta di pratiche educative iperprotettive come l’homeschooling o l’accompagnamento estremamente prolungato in ambienti come gli spogliatoi delle palestre, anche quando i figli hanno già acquisito la capacità di gestire tali situazioni autonomamente, può limitare le opportunità di crescita sociale e di autonomia. I genitori possono, dunque, contribuire a bloccare l’apertura dei figli verso l’esterno, sostenendo la dipendenza nei loro confronti. Questo avviene poiché vedono come positiva l’allungamento del rapporto di esclusività con i figli, quasi pensando che sia un segno di conferma della bontà della loro relazione.

Questa dinamica può essere riassunta nel concetto di “plus materno”, un eccesso di attenzione e cura da parte delle madri (o figure genitoriali in maniera più ampia) che può influenzare profondamente lo sviluppo emotivo e sociale dei loro figli. Un altro aspetto rilevante è l’associazione tra il plus materno e l’uso crescente delle reborn dolls, simulacri di neonati che riflettono un desiderio di maternità idealizzata e perfetta. Questi oggetti possono rappresentare un’estensione della cura e dell’amore materno ideale, ma allo stesso tempo possono perpetuare un modello di dipendenza emotiva e immobilità nei figli, simile alla relazione con una bambola che non cresce né si sviluppa.

Questa situazione può innescare un ciclo vizioso: la paura di aprirsi rallenta il momento dell’apertura al mondo esterno e, nel tempo, questa paura cresce sempre di più. La terapia psicologica rappresenta un’opzione, talvolta l’unica, per interrompere questo ciclo. Tuttavia, anche l’accesso alla terapia può incontrare notevoli resistenze, sia da parte dei genitori che dei figli. L’accettazione del bisogno di aiuto esterno può essere vista come un’ammissione di fallimento o come una minaccia all’equilibrio familiare esistente.

Nuove tecnologie immersive: un approccio terapeutico avanzato

L’adozione delle nuove tecnologie immersive, come la realtà virtuale (VR), sta emergendo come un approccio terapeutico innovativo per affrontare fenomeni complessi come l’hikikomori. Gli adolescenti che si isolano dal mondo possono beneficiare di ambienti virtuali controllati e sicuri, che offrono loro la possibilità di riavvicinarsi gradualmente alla realtà esterna, riducendo l’ansia e facilitando il recupero delle competenze sociali.

Il contesto mediato delle nuove tecnologie consente di creare una sorta di mediazione tra le paure del ragazzo e la realtà. Psicologicamente, si viene a costruire un ambiente di transizione che permette di sviluppare strategie per un adattamento più efficace alla realtà. La VR permette di simulare situazioni sociali realistiche in un contesto protetto, consentendo agli individui di esercitarsi a gestire interazioni sociali prima di affrontarle nel mondo reale. Questo approccio graduale è cruciale per gli hikikomori, poiché una transizione improvvisa al contatto sociale diretto può risultare troppo stressante. La VR consente di personalizzare le esperienze in base alle esigenze specifiche di ciascun individuo, rendendo possibile un trattamento su misura che tiene conto delle loro particolari paure e ansie.

Un ulteriore vantaggio significativo delle tecnologie immersive è la possibilità di monitorare e adattare in tempo reale l’esperienza dell’utente. I terapeuti possono osservare le reazioni degli adolescenti durante le sessioni di realtà virtuale e modificare gli scenari per renderli più o meno impegnativi a seconda delle necessità. Questo feedback immediato è essenziale per personalizzare il trattamento e garantire che ogni sessione sia il più efficace possibile.

L’approccio terapeutico con tecnologie immersive non mira solo a trattare i sintomi dell’isolamento, ma anche a promuovere un processo di crescita personale e di resilienza emotiva. Gli spazi virtuali, che sostituiscono o affiancano quelli fisici, possono fungere da centri terapeutici comunitari, offrendo luoghi frequentabili in qualsiasi momento e attività di gruppo che stimolano maggiormente l’interesse dei ragazzi autoreclusi. Inoltre, la possibilità di utilizzare avatar può mitigare l’ansia sociale e il sentimento di inadeguatezza, permettendo agli hikikomori di rappresentare se stessi in modo più confortevole.

Infine, la VR può anche supportare il trattamento delle fobie attraverso un’esposizione graduale agli stimoli disagianti. Questo metodo, noto come esposizione in realtà virtuale (VRET), combina gli aspetti positivi dell’esposizione in immaginazione e in vivo, fornendo un ambiente controllato e sicuro in cui gli individui possono affrontare le loro paure. La VRET ha dimostrato di essere più sicura e accettabile rispetto ai metodi tradizionali, con un tasso di abbandono significativamente inferiore.

Approcci terapeutici tradizionali e innovativi

Oltre alle tecnologie immersive, è fondamentale considerare anche approcci terapeutici tradizionali il supporto familiare. Questi metodi sono essenziali per identificare e affrontare le radici psicologiche dell’isolamento, fornendo agli adolescenti gli strumenti necessari per gestire l’ansia e migliorare le capacità relazionali.

La psicoterapia aiuta gli adolescenti a riconoscere e modificare i modelli di pensiero negativi e le credenze disfunzionali che alimentano il loro isolamento. Attraverso tecniche come la ristrutturazione cognitiva, gli individui imparano a sfidare le loro paure e a sviluppare strategie più efficaci per affrontare le situazioni sociali. Gli esercizi di esposizione graduale, in cui gli adolescenti sono incoraggiati a confrontarsi lentamente con le loro paure, sono particolarmente utili in questo contesto.

Il supporto familiare gioca un ruolo cruciale nel processo terapeutico. Coinvolgere i genitori e altri membri della famiglia aiuta a creare un ambiente domestico più comprensivo e favorevole alla crescita. I genitori possono essere educati a fornire un sostegno emotivo adeguato senza perpetuare la dipendenza. Il counseling familiare può facilitare una migliore comunicazione e risoluzione dei conflitti all’interno della famiglia, riducendo le dinamiche che possono contribuire all’isolamento dell’adolescente.

Un approccio combinato che integra metodi tradizionali e innovativi offre una strategia terapeutica più olistica e completa. Mentre la terapia tradizionale e il supporto familiare affrontano le componenti psicologiche e relazionali dell’isolamento, le tecnologie immersive possono facilitare la pratica e lo sviluppo delle abilità sociali in un ambiente sicuro e controllato. Questa combinazione di metodologie aumenta significativamente le possibilità di successo nel trattamento dell’hikikomori, offrendo agli adolescenti una via più sicura e sostenibile per reintegrarsi nella società.

Conclusioni

In definitiva, comprendere e affrontare l’hikikomori richiede un approccio multidisciplinare che tenga conto dei fattori psicologici, sociali e delle opportunità offerte dalle tecnologie emergenti. È fondamentale adottare una maggiore attenzione culturale e sociale per riconoscere i segnali precoci di isolamento. Questo fenomeno non si instaura in maniera improvvisa, ma si sviluppa lentamente e in modo insidioso, rendendo essenziale l’intervento tempestivo da parte di chi sta vicino ai giovani, come familiari, insegnanti e amici.

La strategia di “attendere per vedere come va” rischia di ritardare la presa di consapevolezza e di rendere più complesso l’intervento. La vera sfida consiste nel trovare il giusto equilibrio tra l’attesa e l’intervento, tra la naturale ritrosia adolescenziale e l’isolamento eccessivo, tra il rispetto per il mondo interiore di un giovane e la sua difficoltà a rompere autonomamente il guscio protettivo in cui si è rinchiuso. Psicologi e terapeuti devono adottare strategie innovative e personalizzate per supportare efficacemente i giovani affetti da questa condizione, aiutandoli a superare l’isolamento e a sviluppare pienamente le proprie potenzialità.

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Oltre la superficie: navigare l’Iceberg della conquista

Nella nostra società moderna, il concetto di successo è spesso semplificato e ridotto a una mera rappresentazione di vittoria e trionfo. I media, la cultura popolare e persino i nostri stessi ideali personali tendono a dipingere il successo come un obiettivo facilmente raggiungibile, dove la strada è stata spianata e le difficoltà sono state omesse. Tuttavia, questa visione distorta non tiene conto della complessità e della fatica che accompagnano il vero processo di conquista.

L’obiettivo di questo articolo è di andare oltre il risultato finale della conquista per descrivere i processi interni che conducono a tali risultati. È importante vedere i tentativi, così come i fallimenti, non come mattoni di fallimento che si accumulano nel nostro zaino impedendoci di avanzare, ma come pioli di una scala che aiutano a salire verso gli obiettivi prefissati.

Consideriamo l’iceberg: un’imponente massa di ghiaccio, dove solo una piccola frazione emerge sopra la superficie dell’acqua, visibile agli occhi del mondo. Questa parte visibile rappresenta il successo stesso, i risultati raggiunti, i traguardi conquistati e le ricompense ottenute. Tuttavia, quello che non viene immediatamente riconosciuto è la vastità degli strati sommersi, che costituiscono la vera essenza della conquista. Questi strati rappresentano i tentativi, le notti insonni, i sacrifici, le critiche, i dubbi e le iniziative audaci che permettono di crescere e avanzare.

Attraverso questo articolo, si intende illuminare questi strati sommersi, rivelando la complessità e il valore del percorso verso il successo. In questo modo, si spera di offrire una nuova prospettiva che permetta di apprezzare ogni singolo passo del viaggio, indipendentemente dalle difficoltà incontrate lungo il cammino.

Gli strati sommersi della conquista

Sotto la superficie dell’iceberg della conquista si nasconde un mondo ricco di sfumature, dove la vera essenza della lotta e della crescita si manifesta in tutta la sua complessità. Quando ci si trova in quella fase di lavorare su un fallimento, può sorgere un senso di confusione o sopraffazione, accompagnato da insonnia. Le notti insonni non sono solo un prodotto della tensione, ma anche un momento prezioso di riflessione e pianificazione. Durante queste ore oscure, la mente lavora instancabilmente per elaborare strategie, valutare opzioni e anticipare le sfide future. È un periodo di intenso lavoro interiore, dove ogni decisione e ogni azione vengono ponderate con cura e attenzione.

I sacrifici fanno parte integrante del percorso verso il successo. Possono manifestarsi in molteplici forme: rinunce personali, come il tempo trascorso lontano dalla famiglia o gli interessi sacrificati per dedicarsi completamente all’obiettivo; sacrifici professionali, come la rinuncia a opportunità più immediate per perseguire un obiettivo a lungo termine. Questi sacrifici richiedono coraggio e dedizione, ma sono spesso il prezzo da pagare per raggiungere il successo desiderato. È fondamentale considerare i sacrifici non solo come perdite, ma come investimenti preziosi nel proprio futuro, una parte inevitabile e necessaria del percorso verso il raggiungimento dei propri obiettivi.

La critica, sebbene possa essere dolorosa, è una componente essenziale del percorso di crescita personale. È attraverso il confronto con le opinioni e le valutazioni degli altri che possiamo acquisire una prospettiva più ampia e obiettiva sulle nostre azioni e sulle nostre scelte. Vedere la critica come un’informazione utile permette di utilizzarla per capire meglio ciò che si sta facendo e come lo si sta facendo. La critica costruttiva ci sfida a migliorare continuamente, a riconsiderare le nostre posizioni e a superare i nostri limiti, diventando uno strumento prezioso per il cambiamento, l’adattamento e l’evoluzione.

Infine, la lotta con la fiducia in sé stessi, i dubbi e le paure rappresenta un’altra dimensione cruciale del percorso verso il successo. Affrontare e superare questi ostacoli richiede coraggio e determinazione. È solo attraverso iniziative audaci e coraggiose che possiamo spingere oltre i confini della nostra comfort zone e raggiungere nuove vette di realizzazione personale.


La resilienza e la determinazione

Nel percorso verso il successo, la fatica della conquista va ben oltre il mero sforzo fisico o l’impegno prolungato. È un viaggio che richiede una resilienza straordinaria e una determinazione incrollabile di fronte alle molteplici sfide e delusioni che inevitabilmente incontriamo lungo il cammino. Tuttavia, non è solo la resistenza, cioè il resistere a tutti i costi, né il perseverare, cioè ripetere un’azione nonostante le difficoltà, a creare la capacità di stare in un processo di conquista.

La resilienza è la capacità di affrontare le difficoltà e di adattarsi alle avversità senza soccombere. È quel potente motore interiore che ci permette di rimanere saldi anche di fronte alle tempeste più violente. Quando le cose non vanno come sperato, quando incontriamo ostacoli imprevisti o subiamo fallimenti, è la resilienza che ci permette di rialzarci, di imparare dalle esperienze e di continuare a muoverci avanti.

Ma la resilienza da sola non è sufficiente. È necessario anche un’impegnativa dose di determinazione per perseverare verso i nostri obiettivi nonostante le avversità. La determinazione è quella fiamma interiore che ci tiene accesi, che ci spinge a non arrenderci di fronte alle difficoltà, a non cedere al pessimismo o alla disperazione.

Tuttavia, queste qualità devono essere integrate con la capacità di cambiamento. La vera conquista non risiede nella pura ripetizione perseverante o nella semplice resistenza, ma nella ripetizione che è basata sull’esperienza e che porta a un cambiamento. È un processo dinamico che, pur mantenendosi coerente, evolve perché si impara dagli errori. Se da un errore impariamo, il tentativo successivo, pur ripetendo lo stesso processo, deve riflettere un cambiamento; altrimenti, quell’errore rimane inutile e la ripetizione diventa vana.

Per sviluppare resilienza, determinazione e capacità di cambiamento, è essenziale una profonda consapevolezza di sé. È importante riconoscere i nostri limiti e le nostre vulnerabilità, ma anche i nostri punti di forza e le nostre risorse interiori. La consapevolezza di sé ci permette di identificare le nostre debolezze e di lavorare su di esse, ma anche di sfruttare appieno i nostri talenti e le nostre capacità per superare gli ostacoli che incontriamo lungo il percorso.

Inoltre, una determinazione incrollabile richiede anche una chiara visione dei nostri obiettivi e dei nostri valori. Quando abbiamo una direzione chiara e un motivo profondo che ci spinge avanti, diventa più facile rimanere focalizzati e determinati anche di fronte alle sfide più difficili. La capacità di cambiare e adattarsi, di imparare dagli errori e di evolvere, è ciò che trasforma la semplice resistenza e perseveranza in un vero percorso di crescita e successo.

Il ruolo della fortuna: oltre la casualità

La fortuna può certamente giocare un ruolo significativo nel nostro percorso verso il successo, ma non possiamo affidarci unicamente ad essa. È vero che a volte ci troviamo nel posto giusto al momento giusto, ma è ciò che facciamo con quelle opportunità che determina il nostro destino a lungo termine. Tuttavia, oltre alla fortuna, c’è un altro fattore cruciale che spesso entra in gioco: la paura. La paura di ciò che potrebbe accadere, delle conseguenze di determinate scelte, è una forza potente che ci può bloccare dal cogliere le opportunità. È una paura proiettata nel futuro che ci impedisce di provare, di usare e di cogliere l’occasione.

È fondamentale crescere nella fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità di affrontare le nuove sfide. L’accettazione dell’incertezza e la consapevolezza che non possiamo avere tutto sotto controllo sono elementi essenziali per superare la paura del nuovo, la paura di non essere capaci e la paura di fallire. Questi timori sono ostacoli che possono impedirci di cogliere le opportunità che la cosiddetta signora fortuna ci mette davanti. L’impegno, la dedizione e la resilienza sono gli ingredienti essenziali che trasformano la fortuna in successo duraturo. Mentre la fortuna può aprirci porte, è la nostra determinazione, il nostro impegno e la capacità di superare la paura che ci consentono di attraversarle e di creare risultati significativi.

Una prospettiva terapeutica: accettazione e crescita

Come professionisti della mente, abbiamo il privilegio e la responsabilità di accompagnare i nostri pazienti nel loro viaggio di crescita personale. Questo comprende anche aiutarli a comprendere e ad accettare la fatica della conquista come parte integrante del processo. Spesso, le persone possono sentirsi scoraggiate dai fallimenti e dalle sfide incontrate lungo il cammino. È qui che entriamo in gioco, incoraggiandoli a essere compassionevoli con se stessi, a celebrare ogni piccolo progresso e a imparare dagli ostacoli.

La crescita personale non è sempre un percorso lineare, ma piuttosto un’esperienza ricca di alti e bassi. Dobbiamo guidare i nostri pazienti verso una comprensione più profonda di sé stessi e dei loro processi emotivi, aiutandoli a sviluppare una maggiore resilienza e una prospettiva positiva sulla loro esperienza. Celebrare i piccoli successi e apprendere dagli errori sono elementi cruciali per il loro sviluppo e per il raggiungimento di una maggiore realizzazione personale.

Quindi, mentre continuiamo il nostro viaggio di conquista, ricordiamoci sempre di guardare oltre la superficie. Non lasciamoci ingannare dalle apparenze superficiali del successo, ma cerchiamo la profondità e la sostanza che si nasconde al di sotto. Solo allora potremo veramente apprezzare il valore del nostro percorso e celebrare il nostro impegno nel perseguire i nostri sogni e obiettivi con determinazione e fiducia.