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Affrontare la sindrome da burnout: strategie per il benessere psicologico in Italia

In Italia, una recente indagine condotta da GoodHabitz, piattaforma internazionale per la formazione aziendale, ha rivelato che un’ampia percentuale di lavoratori lotta in silenzio contro i problemi legati al malessere mentale sul luogo di lavoro. Secondo i dati emersi, ben una persona su due è alle prese con stress e burnout, mentre un significativo 13% ha dichiarato di aver sperimentato questi fenomeni in modo molto intenso. Queste cifre mettono in evidenza una preoccupante lacuna nella comunicazione tra dipendenti e manager riguardo alla salute psichica.

L’indagine, condotta in collaborazione con l’agenzia Markteffect, ha coinvolto oltre 24.000 lavoratori a livello globale, di cui circa 1.280 in Italia, compresi tra i 25 e i 65 anni. Lo studio ha analizzato diversi aspetti legati all’evoluzione del benessere sul luogo di lavoro nel contesto attuale.

Uno degli aspetti più rilevanti emersi dall’indagine è che solo il 50% dei lavoratori si sente a proprio agio nel discutere all’interno dell’azienda di ansia, attacchi di panico e altri disturbi mentali. Questo dato sottolinea l’importanza di promuovere ambienti lavorativi in cui le conversazioni aperte sulla salute mentale siano attivamente incoraggiate e supportate.

La gestione dello stress è emersa come una delle abilità chiave in grado di influenzare positivamente il benessere lavorativo, con il 35% dei partecipanti che lo considera fondamentale.

Questi dati riflettono la necessità urgente di promuovere una cultura aziendale che valorizzi e supporti il benessere psicologico dei dipendenti. Fornire risorse e strumenti per gestire lo stress e prevenire il burnout, insieme a un ambiente di lavoro che favorisca la comunicazione aperta e il supporto reciproco, sono passi fondamentali per migliorare la salute mentale sul luogo di lavoro e promuovere un benessere complessivo.

Comprendere la sindrome da burnout

L’approccio al lavoro è un elemento cruciale nel contesto della sindrome da burnout, poiché influisce significativamente sulle motivazioni, sul senso di identità e sulle aspettative connesse al proprio impiego. Possiamo osservare una vasta gamma di prospettive nei confronti del lavoro, che vanno dalla percezione del lavoro come una vocazione personale fino alla mera necessità di sostentamento economico. Queste varie sfaccettature dell’approccio al lavoro possono avere un impatto significativo sul livello di coinvolgimento emotivo e psicologico dei lavoratori, influenzando direttamente il rischio di burnout.

Per molti individui, il lavoro rappresenta molto più di una semplice attività remunerativa; è una vocazione che riflette la propria identità e il proprio valore personale. Questi individui possono sentirsi profondamente investiti emotivamente nel loro lavoro, trovando gratificazione nel sentirsi utili e riconosciuti nel contesto professionale. Tuttavia, questa stessa profonda identificazione con il lavoro può anche renderli più vulnerabili al burnout, poiché le aspettative personali e sociali legate al lavoro possono essere estremamente elevate.

Al contrario, per altri individui, il lavoro può essere percepito principalmente come un mezzo per garantire il sostentamento finanziario, senza alcun legame significativo con l’identità personale o il valore intrinseco. Questi individui possono investire meno emotivamente nel proprio lavoro e possono essere meno inclini a sperimentare un senso di realizzazione personale attraverso l’occupazione. Tuttavia, anche loro possono essere soggetti al burnout, specialmente se il lavoro diventa fonte di stress e pressione costanti.

Inoltre, per alcuni individui, il lavoro può rappresentare un’opportunità per autoaffermarsi e riscattarsi da situazioni di inadeguatezza o fallimento passato. In questi casi, il lavoro può assumere un significato particolarmente rilevante nel processo di costruzione dell’autostima e della sicurezza personale. Tuttavia, questo stesso desiderio di autoaffermazione può portare a un impegno eccessivo nel lavoro, con conseguente rischio di burnout.

È importante riconoscere che ciascuno ha un proprio livello di tolleranza allo stress e al carico lavorativo. Ciò che potrebbe essere fonte di piacere e gratificazione in un primo momento, come il sentirsi utile e riconosciuto, potrebbe diventare fonte di stress e frustrazione se le richieste lavorative diventano eccessive e non ci si sente in grado di dire di no. In questa situazione, si verifica una graduale erosione del senso di identità e sicurezza personale, poiché il valore personale diventa sempre più legato al soddisfacimento delle aspettative lavorative esterne.

Il burnout si sviluppa quindi come risultato di una complessa interazione tra le aspettative personali e sociali legate al lavoro, il carico lavorativo e lo stato emotivo e psicologico del singolo individuo. È essenziale valutare attentamente se la nostra capacità di adattamento al contesto lavorativo è sufficiente a gestire le richieste o se le stesse sono effettivamente eccessive. In alcuni casi, potremmo dover imparare a mettere una distanza emotiva tra noi stessi e il lavoro, mentre in altri potremmo essere costretti a considerare un cambiamento di ambiente lavorativo. L’importante è riconoscere che il burnout non è necessariamente una conseguenza della nostra incapacità personale, ma può essere influenzato dalle condizioni lavorative e dalle aspettative esterne.

Identificare i segnali premonitori

Riconoscere i segnali precoci della sindrome da burnout è cruciale per intervenire tempestivamente e prevenire il peggioramento della situazione. Questi segnali possono manifestarsi in modi diversi e possono variare da persona a persona, ma è fondamentale essere consapevoli dei campanelli d’allarme che indicano un potenziale rischio di burnout.

Uno dei segni più evidenti è una crescente sensazione di stanchezza e esaurimento, che va oltre la semplice fatica fisica e si manifesta come una costante sensazione di affaticamento mentale ed emotivo. Questo senso di stanchezza può rendere difficile anche svolgere le attività quotidiane più semplici e può portare a un calo significativo delle energie e della motivazione.

La difficoltà a concentrarsi è un altro segnale precoce da tenere d’occhio. Le persone che stanno attraversando un periodo di burnout spesso trovano difficile focalizzarsi sulle attività lavorative o anche su compiti che una volta consideravano stimolanti e interessanti. Questo può influire negativamente sulle prestazioni sul lavoro e aumentare ulteriormente il senso di frustrazione e inefficacia.

La perdita di interesse per le attività precedentemente piacevoli è un sintomo comune del burnout. Le persone possono scoprire che non provano più gioia o soddisfazione dalle attività che una volta li rendevano felici e soddisfatti. Questo può portare a un senso di vuoto emotivo e a una diminuzione complessiva del benessere emotivo.

L’irritabilità e l’ansia sono altri segnali che possono indicare un potenziale burnout in arrivo. Le persone che si trovano sotto stress e pressione costanti possono diventare più irritabili e reagire in modo esagerato a situazioni che normalmente non causerebbero problemi. L’ansia può anche aumentare, portando a una sensazione costante di apprensione e preoccupazione per il futuro.

Se noti uno o più di questi segnali in te stesso o in qualcuno che conosci, è importante prendere sul serio queste indicazioni e cercare aiuto professionale senza indugiare. Un intervento tempestivo può fare la differenza nel prevenire il burnout e favorire un recupero rapido e completo. Non ignorare i segnali precoci e non esitare a chiedere supporto quando ne hai bisogno. La tua salute mentale è preziosa e merita attenzione e cura.

Approcci terapeutici efficaci

Come psicoterapeuti, abbiamo a disposizione una vasta gamma di approcci terapeutici per aiutare i nostri pazienti a superare la sindrome da burnout. Uno degli approcci più efficaci è la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), che si concentra sull’identificazione e sulla modifica dei pensieri distorti e dei comportamenti disfunzionali che contribuiscono al burnout. Attraverso la TCC, i pazienti imparano a gestire lo stress in modo più efficace, a impostare limiti sani e a sviluppare strategie di coping adattive.

Inoltre, la terapia di gruppo può essere estremamente benefica per coloro che affrontano la sindrome da burnout. Partecipare a gruppi di supporto offre l’opportunità di condividere esperienze simili con gli altri, ricevere sostegno reciproco e imparare nuove strategie di gestione dello stress. Il sostegno sociale è un fattore chiave nel processo di guarigione dal burnout e partecipare a una comunità di individui che comprendono le sfide che stai affrontando può essere incredibilmente motivante e confortante.

Pratiche di auto-cura e prevenzione

Oltre alla terapia professionale, è importante integrare pratiche di auto-cura nella propria routine quotidiana per prevenire il burnout e promuovere il benessere psicologico. Questo può includere l’esercizio regolare, la meditazione, il tempo trascorso all’aperto nella natura, il mantenimento di un equilibrio tra lavoro e vita personale e il coltivare relazioni significative con gli altri. Anche piccoli cambiamenti nella routine quotidiana possono fare una grande differenza nel ridurre lo stress e migliorare il benessere emotivo complessivo.

Conclusione

La sindrome da burnout può avere un impatto significativo sulla salute mentale e sul benessere complessivo di un individuo, ma non è una condanna definitiva. Con il supporto adeguato e le giuste strategie di coping, è possibile superare il burnout e tornare a godere di una vita piena e appagante. Come psicoterapeuti, è nostro compito fornire un ambiente sicuro e di sostegno per i nostri pazienti mentre affrontano questa sfida e guidarli lungo il percorso verso la guarigione e il benessere psicologico duraturo.

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Affrontare gli attacchi di panico: una prospettiva psicologica e terapeutica

Gli attacchi di panico rappresentano esperienze viscerali, impetuose, in grado di lasciare un’impronta duratura sulla vita di chi ne è affetto. Questi episodi, caratterizzati da un’ondata improvvisa di ansia intensa, manifestano sintomi fisici come palpitazioni, sudorazione e sensazioni di smarrimento. Tali manifestazioni possono condurre a evitamenti comportamentali e, in alcuni casi, all’insorgenza di agorafobia connessa agli attacchi di panico. Nell’ambito della psicoterapia, si delinea un percorso di esplorazione del mondo interno, rivolgendo l’attenzione alle paure non sempre manifeste, per indagare il complesso intreccio tra insicurezza, desiderio di controllo e paura. L’approccio terapeutico si articola su due fronti complementari: da un lato, si interviene direttamente sul sintomo, riducendone l’intensità e fornendo strumenti pratici per la gestione della paura; dall’altro, si approfondisce la comprensione delle motivazioni profonde e delle insicurezze, favorendo la crescita di un senso interno di sicurezza.

Definizione

Gli attacchi di panico rappresentano episodi di ansia estrema, sorprendenti e debilitanti, caratterizzati da una crisi d’angoscia intensa. Durante un attacco di panico, si verificano sintomi fisici e psicologici che raggiungono il massimo dell’intensità, portando il soggetto a vivere una paura intensa e irrazionale. Questi sintomi spesso comprendono palpitazioni, dolore toracico, sensazione di soffocamento, vertigini, vampate di calore, brividi di freddo, tremori e sudorazione profusa. Inoltre, il paziente può sperimentare una profonda paura di morire, impazzire o perdere il controllo.

Gli attacchi di panico possono insorgere in qualsiasi momento, apparentemente senza una causa immediata o prevedibile. Sebbene le cause precise non siano ancora completamente comprese, sembra che vi sia un legame tra questi episodi e le fasi di transizione significative nella vita, che spesso portano ad aumentati livelli di stress e ansia. Tuttavia, gli attacchi di panico non si manifestano durante il periodo di maggiore stress, bensì dopo che la tensione emotiva si è attenuata.

La caratteristica distintiva degli attacchi di panico è la loro natura imprevedibile e intensamente sconvolgente. Gli episodi iniziali possono rimanere indelebili nella memoria della persona colpita, poiché rappresentano un’esperienza inaspettata e altamente sgradevole. Di conseguenza, è comune che il soggetto sviluppi un comportamento di evitamento, che porta a limitare sempre di più le attività e gli spostamenti. Si evitano situazioni e luoghi specifici che si associano alla comparsa degli attacchi, con la speranza di prevenirli.

Quando tale evitamento inizia a interferire significativamente con le attività quotidiane e le relazioni sociali, si può diagnosticare un disturbo d’ansia noto come “agorafobia associata ad attacchi di panico”. Questa condizione comporta la paura e l’evitamento di luoghi e situazioni da cui sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o in cui il soggetto teme di non poter ricevere assistenza sufficiente in caso di emergenza.

Sessualità e benessere psicologico

L’impatto della società sul mantenimento del segreto sulla sessualità va oltre le norme sociali ed è in grado di generare effetti notevoli sul benessere psicologico degli individui. La sessualità è, innegabilmente, una componente intrinseca della natura umana, e quando questa viene repressa o nascosta, possono emergere una serie di problemi psicologici che meritano attenzione e comprensione.

La mancanza di una discussione aperta è stata associata a una serie di problemi psicologici. La vergogna sessuale e l’incapacità di accettare sé stessi possono aumentare il rischio di depressione e ansia, causate anche dalla società che spinge spesso le persone a conformarsi a ideali irrealistici di bellezza e prestazioni sessuali, creando una pressione psicologica che può avere effetti devastanti sulla salute mentale.

Inoltre, la repressione della sessualità può portare a problemi sessuali, tra cui disfunzioni come l’eiaculazione precoce o l’anoressia sessuale. L’assenza di apertura nella discussione dei problemi sessuali può impedire alle persone di cercare l’aiuto di professionisti della salute mentale o di consulenti sessuali esperti.

Tuttavia, quando le persone riescono a superare questa limitazione e a abbracciare una comunicazione aperta sulla sessualità, possono emergere nuove opportunità per il benessere psicologico. La terapia sessuale, ad esempio, è un campo in crescita che mira a trattare i problemi sessuali attraverso la comunicazione e l’educazione (Brotto, 2019). L’accettazione di una sessualità sana è un passo fondamentale verso una migliore salute mentale e una maggiore consapevolezza di sé stessi.

Come affrontare gli attacchi di panico e il disagio psicologico derivante

Affrontare gli attacchi di panico e il disagio psicologico che ne deriva richiede un approccio multifattoriale che coinvolga sia il paziente che i professionisti della salute mentale. Ecco alcune strategie e considerazioni importanti per gestire efficacemente gli attacchi di panico:

  • Rivolgersi a uno specialista: il primo passo fondamentale è consultare uno psicoterapeuta o uno psichiatra specializzato in disturbi d’ansia. Questi professionisti possono condurre una valutazione accurata, diagnosticare il problema e sviluppare un piano di trattamento personalizzato.
  • Terapia cognitivo-comportamentale (TCC): la TCC è uno degli approcci terapeutici più efficaci per affrontare gli attacchi di panico. Questa terapia mira a identificare e modificare i pensieri catastrofici associati agli attacchi, insegnando al paziente a gestire l’ansia in modi più adattivi.
  • Terapia dell’esposizione: la terapia dell’esposizione è spesso integrata nella TCC. Coinvolge l’esposizione graduale alle situazioni o agli stimoli che scatenano gli attacchi di panico, aiutando il paziente a sviluppare una maggiore tolleranza all’ansia e a ridurre l’evitamento.
  • Farmaci: in alcuni casi, il medico può prescrivere farmaci ansiolitici o antidepressivi per aiutare a gestire gli attacchi di panico. Questi farmaci dovrebbero essere presi sotto la supervisione di un professionista della salute.
  • Apprendimento delle tecniche di gestione dello stress: imparare tecniche di rilassamento, come la mindfulness, la meditazione o la respirazione profonda, può essere utile per ridurre l’ansia e affrontare gli attacchi di panico.
  • Supporto sociale: parlarne con amici e familiari di fiducia può essere un valido sostegno emotivo. Inoltre, i gruppi di supporto possono offrire un ambiente in cui le persone possono condividere le proprie esperienze e strategie per affrontare gli attacchi di panico.
  • Monitoraggio dei progressi: tenere un diario per registrare gli attacchi di panico, i sintomi e le situazioni scatenanti può aiutare a individuare modelli e monitorare i progressi durante il trattamento.
  • Stile di vita salutare: adottare uno stile di vita sano, che includa una dieta equilibrata, esercizio fisico regolare e sonno sufficiente, può contribuire a ridurre l’ansia e migliorare il benessere psicologico.

Affrontare gli attacchi di panico può richiedere tempo e impegno, ma con il sostegno adeguato e la terapia appropriata, è possibile ottenere un notevole miglioramento nella qualità della vita. È importante ricordare che non c’è una soluzione unica per tutti, e ogni individuo potrebbe rispondere in modo diverso alle diverse forme di trattamento. La chiave è trovare l’approccio che funziona meglio per ciascuna persona e perseguirlo con determinazione.

Psicoterapia e nuove tecnologie

La Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) si è dimostrata il trattamento più efficace per i disturbi d’ansia, tra cui il disturbo da attacchi di panico. Questa efficacia è confermata da alti tassi di risoluzione, che spesso superano quelli ottenuti con la farmacoterapia, e svolge un ruolo protettivo contro le ricadute a lungo termine.

Il modello cognitivo alla base della TCC sottolinea che non sono gli eventi o le situazioni esterne a spaventare le persone, ma piuttosto il modo in cui queste interpretano tali circostanze. In altre parole, non sono gli eventi stessi a scatenare l’ansia, ma le percezioni e i pensieri associati a essi. Questi pensieri influenzano costantemente le reazioni corporee, il che significa che il pensiero di poter avere un attacco di panico può innescare un aumento dell’ansia, causando ulteriori sintomi fisici. Questo ciclo vizioso contribuisce al manifestarsi degli attacchi.

La TCC considera il coinvolgimento attivo del paziente come un elemento cruciale nella genesi e nella persistenza degli attacchi di panico. La tendenza a utilizzare le emozioni come fonte di valutazione costituisce un meccanismo chiave nei disturbi d’ansia. Pertanto, l’aspetto critico è la percezione stessa dell’ansia.

Un aspetto cruciale del trattamento è la ristrutturazione cognitiva, che cerca di contrapporre prove contrarie alle interpretazioni catastrofiche errate e di fornire spiegazioni alternative alle sensazioni interne. Si aiuta il paziente a comprendere che le sensazioni fisiche sono spesso dovute a risposte fisiologiche normali, allo stress, all’attività fisica, alla fatica, agli effetti di sostanze come il caffè o l’alcool, all’attenzione selettiva verso le sensazioni corporee, alle forti emozioni o persino a processi biologici benigni interni.

Un elemento chiave del trattamento consiste nell’affrontare gradualmente le situazioni temute attraverso l’esposizione graduata. Questa tecnica aiuta il paziente a comprendere che può affrontare le situazioni ansiose senza subire conseguenze catastrofiche. Inoltre, l’esposizione enterocettiva, l’esposizione alle sensazioni fisiche, aiuta il paziente a familiarizzarsi con i sintomi fisici e ad accettarli come normali e non pericolosi.

Negli ultimi anni, le nuove tecnologie hanno introdotto innovazioni significative nel trattamento degli attacchi di panico in psicoterapia. L’uso di applicazioni per dispositivi mobili, piattaforme online e teleterapia ha aperto nuove opportunità nell’accesso ai servizi di salute mentale e nel miglioramento dell’efficacia dei trattamenti. Ad esempio, le applicazioni per la gestione dell’ansia offrono esercizi di respirazione guidata, tecniche di rilassamento e strumenti per monitorare gli attacchi di panico e i progressi nel tempo. Queste risorse consentono ai pazienti di avere a portata di mano strumenti utili per gestire l’ansia quotidianamente.

La teleterapia, ovvero la terapia condotta attraverso videochiamate, offre una modalità di consulenza conveniente e accessibile. Questa opzione è particolarmente utile per le persone che hanno difficoltà a raggiungere fisicamente uno psicoterapeuta o che preferiscono la comodità di una terapia da casa. La teleterapia ha dimostrato di essere altrettanto efficace della terapia in persona nel trattamento degli attacchi di panico.

Inoltre, le nuove tecnologie consentono una maggiore condivisione di risorse educative, supporto sociale e strumenti di monitoraggio tra i pazienti. I forum online e i gruppi di supporto virtuali forniscono una piattaforma per connettersi con altre persone che condividono esperienze simili e scambiare consigli utili. La possibilità di monitorare i sintomi e i progressi attraverso app o software specifici può anche aiutare il terapeuta a personalizzare ulteriormente il trattamento in base alle esigenze del paziente.

Conclusione

Mentre gli attacchi di panico possono essere spaventosi e debilitanti, con il giusto trattamento e il supporto adeguato, è possibile superarli. La speranza è che questo articolo abbia contribuito a fornire una comprensione più approfondita di questa condizione e delle opzioni di trattamento disponibili, incoraggiando chi ne soffre a cercare aiuto e a intraprendere un percorso verso una vita più serena e soddisfacente. La consapevolezza, la conoscenza e il sostegno sono le chiavi per superare gli attacchi di panico e tornare a vivere una vita appagante.

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Autostima e percezione sociale: come la fiducia in sé influenza il giudizio altrui

Nel contesto dell’approccio psicoterapeutico, l’autostima emerge come un elemento centrale nell’analisi dell’individuo e delle sue dinamiche interne. Questo concetto, definito come l’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo formula su sé stesso, costituisce il fondamento su cui si costruisce l’identità e la percezione di sé (Battistelli, 1994).

Fin dai primi passi della nostra esistenza, sviluppiamo una percezione di noi stessi attraverso le interazioni con il mondo esterno. Questo processo di rispecchiamento sociale, secondo cui l’altro diviene uno specchio attraverso il quale definiamo noi stessi, modella il nostro concetto di sé. In questo modo, la nostra autopercezione si configura come un mosaico di influenze esterne che plasmano l’immagine che abbiamo di noi stessi.

Autostima e autoefficacia

La struttura del concetto di sé influisce direttamente sul nostro modo di affrontare e interpretare la realtà circostante. Le decisioni che prendiamo e le azioni che intraprendiamo sono guidate dalla nostra autostima, che agisce come filtro tra il nostro mondo interiore e il mondo esterno. Di conseguenza, l’autostima si trasforma in un processo in evoluzione continua, in cui le interazioni con l’ambiente esterno contribuiscono a rafforzare o mettere in discussione la nostra valutazione di sé.

Tuttavia, il processo di sviluppo dell’autostima non è statico. Attraverso un impegno costante nell’esplorazione di sé stessi e nell’adattamento ai cambiamenti, è possibile migliorare e perfezionare la percezione che abbiamo di noi stessi. Il lavoro su sé stessi implica liberarsi dai condizionamenti negativi accumulati nel corso del tempo e ristrutturare il dialogo interiore, aprendo la strada a un’autostima più salda e consapevole.

In questo contesto, la fiducia in sé stessi emerge come un pilastro cruciale. La fiducia, in questo caso, rappresenta la convinzione profonda che siamo in grado di affrontare le sfide e le prove che la vita ci presenta. È un’aspirazione interiore di sicurezza e certezza nelle proprie capacità. È interessante notare che l’autostima e la fiducia in sé stessi si alimentano reciprocamente. Mentre la fiducia in sé stessi può aumentare l’autostima, una buona autostima può favorire una maggiore fiducia nelle proprie abilità. Questo concetto è parallelo a quello di “percezione d’autoefficacia personale”, enfatizzato da alcuni autori, come Albert Bandura.

Nell’ambito psicoterapeutico, l’analisi dell’autostima e della fiducia in sé stessi rivela un intricato legame tra la percezione interna e il modo in cui l’individuo si relaziona con il mondo esterno. L’autostima infatti, oltre ad avere un impatto diretto sul nostro modo di interpretare la realtà, ha anche un’influenza significativa sull’immagine che proiettiamo agli altri. Il modo in cui ci percepiamo internamente si riflette inevitabilmente nei nostri comportamenti, espressioni e atteggiamenti verso gli altri.

Questo legame tra autostima e percezione altrui crea un ciclo interattivo: la nostra autostima influenza il nostro comportamento sociale, che a sua volta determina le reazioni e i feedback che riceviamo dagli altri. Questo circolo vizioso può essere interrotto attraverso l’autoconsapevolezza e il lavoro su sé stessi. L’autoanalisi delle proprie convinzioni limitanti e la pratica di nuovi modelli di comportamento possono contribuire a cambiare il modo in cui ci percepiamo e veniamo percepiti dagli altri. Attraverso l’adattamento e la crescita personale, è possibile trasformare un circolo vizioso in un circolo virtuoso, in cui la fiducia in sé stessi si traduce in interazioni più positive e in una maggiore autostima, alimentandosi reciprocamente per un benessere psicologico duraturo.

Bassa autostima, origini

Le radici della bassa autostima spesso si intrecciano con le esperienze dell’infanzia, creando un impatto duraturo sulla percezione di sé nell’età adulta. L’infanzia, in particolare, svolge un ruolo cruciale nella formazione dell’autostima. Le interazioni con genitori, caregiver e coetanei possono lasciare un’impronta profonda nella psiche dell’individuo. Ad esempio, un ambiente familiare in cui prevale la critica e l’insicurezza può generare un’autostima fragile e negativa. Similmente, il bullismo o l’abuso subito durante l’infanzia possono influenzare la percezione di sé, erodendo la fiducia e promuovendo pensieri negativi.

L’elaborazione di queste esperienze attraverso la terapia può essere un passo cruciale verso la guarigione e il rafforzamento dell’autostima. Con il sostegno di un terapeuta competente, gli individui possono apprendere nuovi modi di affrontare il passato, riscoprire la propria forza interiore e sviluppare una visione più equilibrata e positiva di sé stessi.

Autostima e salute mentale

Una bassa autostima può generare un complesso spettro di implicazioni negative per la salute mentale. Queste implicazioni si riflettono in una serie di sintomi e sfide che possono erodere il benessere psicologico e ostacolare il funzionamento globale dell’individuo.

È infatti spesso associata a sintomi depressivi, caratterizzati da umore depresso persistente, perdita di interesse per le attività, fatica e sentimenti di inutilità. Questa relazione è radicata nell’autovalutazione negativa che spesso accompagna la bassa autostima, contribuendo all’insorgenza di emozioni depressive. Inoltre può innescare manifestazioni ansiose, evidenziando un senso di inadeguatezza e una paura costante di essere giudicati negativamente dagli altri. Questa ansia sociale può limitare le interazioni sociali e generare sentimenti di isolamento, alimentando ulteriormente il ciclo negativo.

Le persone con bassa autostima possono anche manifestare distorsioni cognitive, ossia percezioni distorte della realtà. Questi schemi di pensiero possono amplificare la negatività interna, alimentando la critica e l’autosvalutazione. La continua autocritica può sfociare in un atteggiamento di autosabotaggio, con l’evitamento delle opportunità di crescita personale e professionale. I disturbi alimentari e l’abuso di sostanze possono anche derivare da una bassa autostima, poiché l’individuo cerca di far fronte ai sentimenti di vuoto e insoddisfazione attraverso comportamenti distruttivi. Questi comportamenti possono portare a un circolo vizioso in cui la bassa autostima alimenta i sintomi e viceversa.

È importante sottolineare che queste conseguenze mentali negative possono interagire e amplificarsi reciprocamente, creando un quadro complesso di difficoltà psicologiche. La terapia psicologica svolge un ruolo cruciale nell’affrontare queste implicazioni, lavorando per ristrutturare le credenze limitanti, sviluppare strategie di coping più sane e promuovere la costruzione di un’autostima più resiliente e adattativa.

Costruire la fiducia in sé stessi

La costruzione della fiducia in sé stessi è un processo fondamentale all’interno dell’ambito psicoterapeutico, rivestendo un ruolo cruciale nell’evoluzione individuale e nel miglioramento del benessere psicologico. Questo processo richiede un impegno consapevole, pazienza e una profonda auto-riflessione, focalizzandosi sulla sfida e il superamento delle convinzioni limitanti che possono erodere l’autostima.

Un primo passo nella costruzione della fiducia in sé stessi consiste nell’analisi critica delle credenze negative che si radicano nel subconscio. La psicoterapia offre uno spazio sicuro per esplorare e mettere in discussione queste convinzioni autodistruttive, permettendo all’individuo di sostituirle con pensieri più realistici e positivi. Questa ristrutturazione cognitiva aiuta a liberarsi da schemi mentali auto-sabotanti, aprendo la strada a un’autostima più solida.

Inoltre, attraverso il lavoro terapeutico, gli individui possono esplorare le proprie origini, esperienze passate e influenze sociali che hanno contribuito a modellare la loro percezione di sé. Questa consapevolezza permette di affrontare i fattori che potrebbero aver contribuito alla mancanza di fiducia, favorendo un processo di accettazione e di rielaborazione del proprio sé.

Inoltre, è possibile adottare una serie di strategie mirate:

  • Pratica dell’autocompassione: Trattare sé stessi con gentilezza e tolleranza, accettando le imperfezioni senza giudizio critico. La terapia può aiutare a riconoscere e modificare i modelli di pensiero autodistruttivi.
  • Focalizzazione sulle proprie forze: Identificare e celebrare i successi personali, grandi o piccoli, per costruire una solida base di fiducia in sé stessi.
  • Pratica della mindfulness: Coltivare l’attenzione consapevole al momento presente, smorzando il dialogo interno critico.
  • Coltivare relazioni positive: Costruire legami interpersonali solidali e positivi può contribuire a una percezione più positiva di sé. La terapia di gruppo offre un contesto per condividere esperienze ed ottenere feedback costruttivo.
  • Esplorazione dell’autenticità: Accettare e abbracciare la propria autenticità, riconoscendo che la perfezione non è l’obiettivo.
  • Sfida delle convinzioni limitanti: Indagare e ristrutturare le convinzioni negative che minano l’autostima. La terapia può essere utile nell’affrontare queste convinzioni dannose.
  • Crescita personale continua: Considerare l’autostima come un percorso in evoluzione, impegnandosi costantemente nel miglioramento personale.

Conclusione

In definitiva, l’aumento dell’autostima richiede l’adozione di un approccio multidimensionale che coinvolga il lavoro su pensieri, emozioni e relazioni interpersonali. La crescita personale, nel contesto della psicoterapia, è fortemente legata alla teoria dell’autorealizzazione proposta da Maslow. L’autorealizzazione, il vertice della piramide dei bisogni di Maslow, si riferisce al processo di diventare la versione più autentica di sé stessi e di sviluppare appieno le proprie potenzialità. Attraverso la terapia, gli individui possono intraprendere questo percorso, liberandosi da vincoli emotivi, connettendosi con il loro nucleo interiore e creando una vita più significativa e soddisfacente.

“L’autostima non è narcisismo; è un prerequisito per l’amore sano e l’empatia verso gli altri.”

– Nathaniel Branden

Bibliografia

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Un approccio immersivo per la gestione di ansia e stress: RV e RA come strumenti di trattamento

I disturbi d’ansia sono tra i disturbi psichiatrici più comuni con un’attuale prevalenza globale del 7,3%, che va dal 5,3% nei paesi africani al 10,4% nei paesi europei/anglosassoni. Lo sviluppo dei disturbi d’ansia è multifattoriale. Uno dei fattori predisponenti è una maggiore suscettibilità alla paura, che può essere causata da fattori biologici oltre che psicosociali. Eventi o condizioni della vita corrispondenti possono innescare una reazione di paura esagerata basata su questa disposizione. Strategie di coping sfavorevoli o reazioni dell’ambiente spesso portano all’escalation o alla perpetuazione dei sintomi.

Negli ultimi anni, la tecnologia ha aperto nuove possibilità per il trattamento dell’ansia, e la realtà aumentata e la realtà virtuale si sono rivelate strumenti promettenti nell’ambito della psicoterapia.

“La realtà virtuale offre un ambiente controllato e sicuro dove i pazienti possono affrontare gradualmente le situazioni ansiose, apprendere nuove strategie di coping e ristrutturare le loro reazioni emotive.”

Albert Rizzo

Riduzione dello stress e rilassamento

La realtà aumentata offre un potenziale promettente per creare esperienze rilassanti e favorire il benessere emotivo. Grazie alle sue capacità di sovrapporre elementi digitali al mondo reale, può trasportare gli utenti in ambienti virtuali tranquilli e sereni, creando un’esperienza immersiva che aiuta a ridurre lo stress e promuovere una sensazione di calma e relax, così come anche la realtà virtuale può immergere il soggetto in un ambiente completamente digitale e personalizzato.

Ecco come RA e RV possono essere utilizzate per creare esperienze rilassanti e promuovere il benessere emotivo:

  • Immersioni in ambienti naturali: possono simulare scenari di ambienti naturali, come spiagge, boschi, cascate o prati, consentendo agli utenti di immergersi in un’atmosfera rilassante e lontana dallo stress quotidiano.
  • Meditazione guidata: possono fornire sessioni di meditazione guidata, durante le quali gli utenti vengono guidati attraverso esercizi di respirazione, visualizzazioni e consapevolezza del corpo. Questo tipo di esperienza può aiutare a ridurre l’attivazione del sistema nervoso simpatico (responsabile della risposta di “lotta o fuga”) e promuovere invece il rilassamento attraverso il sistema nervoso parasimpatico.
  • Biofeedback e rilassamento: la realtà aumentata può essere utilizzata insieme a sensori fisiologici per fornire feedback in tempo reale sullo stato di rilassamento del paziente. Ad esempio, la tecnologia potrebbe mostrare all’utente i cambiamenti nella frequenza cardiaca, nella respirazione o nella tensione muscolare mentre si sperimenta un ambiente rilassante. Questo tipo di biofeedback aiuta gli utenti a diventare più consapevoli delle loro reazioni allo stress e ad apprendere tecniche per rilassarsi.
  • Ambienti personalizzati: consentono di creare esperienze rilassanti personalizzate in base alle preferenze e alle esigenze del paziente. La personalizzazione delle esperienze aumenta l’efficacia della terapia e il coinvolgimento del paziente.
  • Riduzione dell’ansia e gestione dello stress: RA e RV possono essere utilizzate come strumenti complementari nella gestione dell’ansia e dello stress. Attraverso l’esposizione controllata a situazioni virtuali che innescano ansia, i pazienti possono imparare a sviluppare strategie di coping e a familiarizzare con le proprie reazioni emotive.

Meditazione guidata

L’utilizzo della realtà aumentata (RA) e della realtà virtuale (RV) nel campo del rilassamento e della meditazione guidata sta guadagnando sempre più popolarità grazie ai suoi benefici nell’aiutare le persone a ridurre lo stress e promuovere il benessere emotivo. Diverse ricerche hanno dimostrato l’efficacia di queste tecnologie nell’indurre uno stato di calma e rilassamento profondo. Ad esempio, uno studio condotto da Pallavicini et al. (2016) ha esaminato l’impatto di una sessione di meditazione guidata in ambiente VR su un campione di individui con elevati livelli di ansia e stress. I risultati hanno mostrato una significativa riduzione dei livelli di ansia e un miglioramento del tono dell’umore dopo l’esperienza di meditazione guidata.

Gli ambienti immersivi attivano una serie di regioni cerebrali coinvolte nella percezione, nell’emozione e nell’apprendimento. Durante l’esperienza in un ambiente virtuale, le aree visive primarie e associative del cervello si attivano per elaborare le informazioni visive provenienti dalla simulazione. Questa attivazione può aumentare il coinvolgimento dell’utente nell’ambiente virtuale, creando una sensazione di presenza e immersione. Inoltre, l’attivazione delle regioni cerebrali legate alle emozioni gioca un ruolo cruciale nell’esperienza immersiva. L’interazione con stimoli visivi, uditivi e tattili all’interno dell’ambiente virtuale può influenzare l’attivazione dell’amigdala, una struttura cerebrale coinvolta nella risposta emotiva.

L’utilizzo strategico di stimoli rilassanti, come paesaggi sereni o suoni tranquillizzanti, può contribuire a modulare la risposta emotiva dell’individuo, facilitando il rilassamento e la riduzione dell’ansia.

L’uso di RA e RV per il rilassamento e la meditazione guidata sta cambiando il modo in cui le persone si avvicinano alla pratica della mindfulness, offrendo una gamma di esperienze uniche che possono essere adattate alle preferenze individuali. Con ulteriori ricerche e sviluppi tecnologici in corso, il futuro di questa tendenza sembra promettente, con l’obiettivo di fornire a un pubblico sempre più vasto strumenti per affrontare lo stress e migliorare il proprio benessere emotivo attraverso l’immersione in ambienti rilassanti e ristoratori.

Esposizione graduale

RA e RV si integrano in modo prezioso con la terapia per trattare l’ansia, in particolare attraverso l’approccio dell’esposizione graduale. Questa tecnica terapeutica è ampiamente riconosciuta per aiutare i pazienti a fronteggiare gradualmente situazioni o oggetti che provocano ansia, permettendo loro di affrontare le paure in modo controllato e sicuro. La plasticità cerebrale, un concetto cruciale nelle neuroscienze, gioca un ruolo fondamentale nell’adattamento e nell’apprendimento. L’esposizione graduale e controllata a situazioni ansiose nell’ambiente virtuale può portare a cambiamenti strutturali e funzionali nel cervello, influenzando positivamente la risposta dell’individuo allo stress. Ricerche suggeriscono che l’esposizione a situazioni di ansia tramite RV può facilitare l’apprendimento di nuove strategie di coping e la ristrutturazione delle reti neurali coinvolte nella regolazione delle emozioni.

I terapeuti possono creare ambienti virtuali sicuri e controllabili, che offrono una simulazione accurata delle situazioni temute, ma all’interno di un contesto protetto. Ciò consente ai pazienti di esplorare le proprie paure senza il rischio di confrontarsi direttamente con la situazione reale, fornendo una valida opportunità di apprendimento e crescita emotiva.

Un aspetto cruciale dell’esposizione graduale è la progressione. Con la realtà aumentata, i pazienti possono iniziare con stimoli poco minacciosi e aumentare gradualmente la sfida man mano che aumenta la loro fiducia e capacità di gestire l’ansia. Questa gradualità consente di evitare sovraccarichi emotivi, assicurando un processo terapeutico più efficace.

Uno dei vantaggi distintivi della realtà aumentata o della realtà virtuale in questo contesto è la sicurezza emotiva che offrono: sapendo di trovarsi in un ambiente virtuale, i pazienti si sentono più al sicuro nello sperimentare le loro paure. Ciò consente loro di concentrarsi meglio sulla gestione dell’ansia e sull’apprendimento di nuove strategie di coping senza essere travolti dalla paura delle conseguenze negative. I terapeuti infatti possono insegnare ai pazienti strategie adeguate ad affrontare l’ansia e gestire le emozioni associate, quali tecniche di rilassamento, respirazione profonda, distrazione e altre abilità cognitive e comportamentali utili per affrontare l’ansia in modo efficace.

Trattamento dell’ansia sociale

Il disturbo d’ansia sociale (SAD “Social Anxiety Disorder”) è caratterizzato da una paura eccessiva di valutazioni negative e rifiuto da parte degli altri e da una paura costante di imbarazzo o umiliazione e la terapia dell’esposizione in realtà virtuale è diventata uno strumento terapeutico importante per simulare situazioni sociali rilevanti all’interno di un contesto terapeutico.

Studi come quello condotto da Gorini et al. (2010) hanno esaminato l’efficacia dell’esposizione virtuale tramite RV per ridurre l’ansia sociale. I partecipanti hanno sperimentato simulazioni di situazioni sociali personalizzate all’interno di ambienti virtuali, ottenendo significativi miglioramenti nelle abilità di comunicazione sociale e una riduzione dell’ansia.

Un altro studio di Falconer et al. (2016) ha esplorato l’efficacia della realtà aumentata nel trattamento della fobia sociale. L’utilizzo della RA ha consentito ai partecipanti di affrontare situazioni sociali virtuali all’interno di ambienti reali, con sfide graduali e personalizzate. I risultati hanno mostrato un effetto positivo sulla riduzione dell’ansia sociale e un miglioramento della fiducia dei partecipanti nell’affrontare situazioni temute nella vita reale.

Oltre all’ambito clinico, la RA e la RV hanno trovato applicazioni anche nel mondo aziendale. Diverse aziende utilizzano queste tecnologie per migliorare le competenze sociali dei propri dipendenti. Ad esempio, i programmi di formazione e sviluppo professionale sfruttano la RA per simulare situazioni di riunioni e trattative, consentendo ai dipendenti di esercitarsi in modo efficace e sicuro. Questo tipo di terapia virtuale offre un ambiente protetto per sviluppare abilità di comunicazione, negoziazione e leadership, aiutando i dipendenti a sentirsi più sicuri e preparati per affrontare situazioni reali con maggiore fiducia.

Conclusione

Il potenziale di queste tecnologie nel campo della salute mentale è ancora in fase di esplorazione, ma le prospettive future sono interessanti. L’adozione della RV e della RA potrebbe offrire nuovi orizzonti per aiutare un numero sempre maggiore di persone a superare le sfide dell’ansia e dello stress, migliorando così il loro benessere emotivo e la qualità della vita.

“La realtà virtuale può offrire un modo altamente efficace per esporre i pazienti alle situazioni temute e consentire loro di imparare a gestirle in un ambiente controllato.”

Stéphane Bouchard

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2020 e Coronavirus: un anno di ansia

Se dovessimo riassumere in una parola il 2020 che sta finendo, probabilmente questa sarebbe ansia. La situazione di pandemia globale causata dalla diffusione del Coronavirus SARS-COV-2 è stata la protagonista principale di un anno che è stato senza dubbio tra i più difficili di sempre e che fino all’ultimo sembra non darci tregua. Siamo stati tutti messi a dura prova, soprattutto mentalmente: il generale stato di allerta e paura generati da questa emergenza sanitaria hanno creato terreno fertile per lo sviluppo di una condizione di ansia e disagio constante. Non è un caso se, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, il 60% delle persone soffre di stanchezza associata alla pandemia e alla situazione anomala. Questa condizione insomma, oltre a essere estremamente stressante, ci ha richiesto e continua a richiedere un enorme quantitativo di energie e forze che, con il tempo, iniziano a scarseggiare. 

Ma come sopravvivere a questa costante e deteriorante pressione psicologica?

Cercare di curare i sintomi dell’ansia è un’opzione che ha sì i suoi benefici, ma non efficaci a lungo termine. La soluzione ottimale è riuscire a prevenire lo stato di ansia stesso, accettando le circostanze che stiamo vivendo e lavorando sulla propria percezione e visione di esse, trasformando l’ansia in energia positiva.
Lo stato di emergenza nato dalla propagazione del coronavirus è in sé una condizione che crea improvvisa instabilità e disagio e inibire questo naturale shock psicologico sarebbe impossibile; di fronte a questa destabilizzazione rispondiamo in modo istintivo sotto forma di ansia, come un campanello d’allarme. Ciò che scordiamo spesso è che il nostro organismo è un magnifico sistema completamente autosufficiente, in grado di riequilibrarsi in caso di turbamenti grazie alle proprie capacità di autoregolazione organismica e adattamento creativo. Ciò significa che, in condizione di stress, tende spontaneamente a trovare una stabilità sfruttando i mezzi che ha a disposizione in modo creativo e libero. Attingere alle proprie capacità adattative e lavorare sui pensieri funzionali, quindi, è la migliore soluzione per non farsi investire dall’ansia. Ti è mai capitato, all’avvicinarsi di una scadenza o deadline importante e dopo mille procrastinazioni, di essere tutto d’un tratto molto più produttivo ed efficace nel terminare il lavoro rispetto ai giorni precedenti? Se la risposta è positiva è perché la pressione dell’impegno da portare a termine, l’accorciarsi del tempo a disposizione e la conseguente adrenalina generata dal corpo ti ha permesso di sbloccare i pensieri negativi che ti tenevano paralizzato e usufruire delle tue capacità adattative e elasticità mentale per completare il lavoro. Individuare i pensieri ansiosi e offrire un’alternativa più positiva e tranquilla prima che si risvegli la risposta ansiosa, ci aiuta a recuperare il controllo sulla situazione.

Cosa significa nel pratico?

Nel pratico tutto ciò di traduce nello sviluppo di strategie per mantenere il nostro pensiero funzionale e positivo nei confronti dello ostacolo. Esistono diversi esercizi che aiutano in questo, qui ti lascio quelli che secondo me sono i più efficaci:

–    Pensiero positivo: Il nostro modo di pensare influisce sui nostri comportamenti. Vedere il lato positivo delle cose in una situazione drammatica come questa è difficoltoso e apparentemente impossibile, lo so, ma è cruciale per riuscire ad aprirsi al cambiamento e abbattere l’ansia. Pensare positivo ci permette di vivere meglio e di godere di un adeguato equilibrio interiore.  

–     Innovazione e originalità: utilizzare una mentalità più aperta e positiva apre le porte all’originalità e a nuovi punti di vista. Utilizzare le restrizioni come punto di partenza per creare qualcosa di nuovo come nuove abitudini e tradizioni ci aiuta ad affrontare le difficoltà con un atteggiamento di sfida e gioco. Per questo motivo si può utilizzare questa situazione per liberare la propria creatività e ridisegnare i propri schemi quotidiani in modo innovativo. 

–     Dedicare momenti per se stessi: Trovarsi a passare molto tempo dentro casa può rappresentare una rara opportunità per focalizzare l’attenzione su cose per le quali spesso non si trova tempo, il che talora include anche se stessi. Possiamo quindi sfruttare questo tempo per lavorare su se stessi e suoi propri obiettivi futuri, sentendosi liberi dalle pressioni che ostacolano la riflessione serena. Un momento da dedicare a noi stessi per noi stessi, recuperando una nostra maggiore autenticità e ritrovando i valori più semplici ma anche più importanti.

–      Allenare la presenza nel qui e ora: a livello fisico, cruciale è dedicare un certo tempo ad attività che possano promuovere calma, tranquillità, rilassamento, come la pratica di esercizi di respirazione e meditazione. Questi possono essere svolti grazie all’aiuto di diverse app, siti web, o libri, ma anche semplicemente cercare di avere un atteggiamento meditativo durante la giornata, essere presenti a se stessi, porre attenzione a ciò che si fa. Se non sei fan della meditazione, effetti benefici si possono avere anche leggendo  un bel libro, praticando yoga o ascoltando della buona musica.

 –    Mantenere contatto emotivo: La lontananza dettata dalle misure di sicurezza ha impattato negativamente il contatto emotivo che la normale interazione dal vivo ci permette di avere. In un periodo come questo, è importante stare vicini, e ricevere e condividere tutto l’affetto e l’amicizia possibile. Il sostegno sociale è uno dei principali fattori protettivi per la salute, non solo mentale, ma anche fisica: per questo motivo continuare a coltivare relazioni sociali è fondamentale. È quindi utile alimentare tutte le proprie relazioni sociali importanti, utilizzando come mezzo la tecnologia e  facendosi parte attiva, non limitandosi ad attendere di essere contattati.

In conclusione a questo articolo, vorrei lasciarti questa leggenda Cherokee dei due lupi molto famosa, per ricordarti l’importanza del pensiero positivo e del rafforzamento dei pensieri funzionali. 

Si narra di un vecchio Cherokee seduto davanti al tramonto con suo nipote:
“Nonno, perché gli uomini combattono?”.
Il vecchio parlò con voce calma. “Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c’è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perché lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi”.
“Quali lupi nonno?”.
“Quelli che ogni uomo porta dentro di sé. Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo. L’altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede”.
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità e al suo pensiero:
“E quale lupo vince?”.
Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti:
“Quello che nutri di più”.

Nutrire il lupo “buono” e quindi alimentare pensieri e sentimenti positivi a scapito di altri è il primo grande passo per vivere meglio e godere di un adeguato equilibrio interiore. Questo richiede un profondo lavoro e volontà  personale, lo so, ma ci tengo ricordarti un’ultima cosa: sebbene non abbiamo il potere di decidere tutto quello che accade, possiamo contribuire all’evoluzione della nostra vita, anche in una situazione difficile come quella che stiamo vivendo ora. Anche in vista dell’anno nuovo, quindi, ti auguro di ritrovare in te la forza, il coraggio e fede di guardare la realtà da un altro punto di vista e mettere da parte i pensieri negativi che ti limitano dall’essere felice. Citando il poeta inglese Alfred Tennyson:

La speranza sorride dalla soglia dell’anno a venire, sussurrando “sarà più felice”.

Alfred Tennyson

Sta solo a noi ascoltarla e crederci!