Supporto alle separazioni

Perché è così difficile cambiare?

Il contesto in cui viviamo è in continua evoluzione ma le persone, una volta raggiunta una situazione di stabilità, tendono a non riuscire ad uscire dalla loro comfort zone. Cambiare in effetti è difficile  anche quando questa ci porta a situazioni di sofferenza. Perché accade questo?  

“È solo dopo essere uscito dalla tua zona di comfort che inizi a cambiare, crescere e trasformarti.”

― Roy T. Bennett

Crescendo ci si sente saldi nel proprio modo d’essere e il cambiamento, per quanto allettante, diventa anche una prospettiva che intimorisce. Intimorisce anche perché, sebbene pensiamo di voler cambiare, siamo convinti nel nostro intimo che il vero cambiamento non sia in realtà possibile. Non ci sembra realistico essere diversi da come siamo, comportarci in altro modo, pensare diversamente. Talvolta ci proviamo anche ma, nel tentativo di migliorarci, incontriamo degli ostacoli e di conseguenza ci scoraggiamo, arrivando a confermare quella paura profonda che abbiamo: per noi cambiare non è possibile. 

"Sono fatto così."

Diciamo spesso frasi simili, come scusa, come giustificazione del fatto che non è possibile attuare un cambiamento. Forse lo è per gli altri, ma non per noi. Talvolta, tuttavia, fa capolino la speranza che le cose possano “forse”, “chissà” anche cambiare ed allora ci sorge un’altra domanda. 

"Ci sono voluti decenni per capire qualcosa della vita e quindi perché dovrei cambiare proprio ora?"

Perché è difficile cambiare

Questo dubbio attanaglia molti di noi, bloccandoci in un confortevole limbo: anche se non si è molto felici al momento, il cambiamento porta con sé incertezza e questa incertezza ci porta a pensare che sia meglio non rischiare di peggiorare la situazione. Inoltre ogni situazione ha dei vantaggi, quello che viene chiamato il “vantaggio secondario” che ha una funzione nel nostro equilibrio psichico e che facciamo fatica a pensare di lasciare andare. 

Oppure spesso non attuiamo nessun cambiamento anche perché ci sovviene il pensiero di poter cambiare senza cambiare realmente. Proprio così: vorremmo un cambiamento ma senza modificare nulla del nostro modo di essere, di pensare, di fare, di relazionarci…insomma coviamo inconsciamente nel profondo l’illusione che facendo le stesse cose, agendo nella stessa maniera, pensando come sempre si possa ottenere un risultato differente. Come dire che se ci siamo ammalati in un determinato contesto, potremmo guarire autonomamente, senza modificare tale contesto.

Soprattutto nell’ambito delle relazioni con gli altri questa resistenza talvolta si mantiene granitica. La paura di cambiare si alimenta del timore che gli altri non accettino le nostre modifiche e le nostre nuove esigente e magari non ci apprezzino, non ci approvino, ci critichino o alla peggio, ci lascino. 

Tuttavia anche quando siamo convinti a voler attuare un cambiamento e forse siamo anche pronti a farlo, ci rendiamo conto che è difficile. 

Per capire meglio perché le persone fatichino a cambiare, possiamo prendere in considerazione i complessi meccanismi del cervello che ci possono limitare, costringendoci a rimanere su un percorso che non siamo sicuri di voler mantenere.

Modelli cerebrali formati

Man mano che si cresce il nostro cervello si plasma e costruisce degli schemi interni, ovvero dei “percorsi” che sono funzionali alla gestione della complessità: funzionando quindi in un modo, si strutturano delle abitudini e, nel tempo, si diventa sempre più fissi nelle proprie routines. In questo caso però non parliamo della nonna che insiste che la cena deve essere servita alle sei, si tratta di come reagiamo alle cose, affrontiamo i fallimenti, ci poniamo nei confronti delle sfide quotidiane. Quando si diventa adulti, nel  cervello si sviluppano dei meccanismi automatici. Per un qualsiasi tipo di innesco, esiste una risposta automatica corrispondente.

In una relazione, per esempio, si tende a reagire nello stesso modo ogni volta che il partner dice o fa qualcosa. Non ci pensiamo perché c’è uno schema cerebrale formato che dirige la nostra reazione. Quante relazioni fallite ci sono costate questi schemi? Per reagire in modo diverso, dobbiamo esaminare lo schema e capire perché alcune cose ci fanno arrabbiare, o perché altre cose ci feriscono. 

Anche il confronto con l’Altro aiuta a fare questa operazione di scoperta, comprensione, analisi dei propri schemi interni e dei propri automatismi. In questo la terapia può essere un valido supporto molto ed è proprio quando le persone scoprono i propri schemi interni oppure si accorgono di reagire in modo “sempre uguale” alle cose che decidono di chiedere aiuto e di affrontare con una persona “estranea” questa riflessione. 

Paura del fallimento

Forse non ci piace la strada che stiamo percorrendo, ma almeno pensiamo che ci abbia tenuto al sicuro finora. Questo vale per le relazioni, le scelte di carriera, la vita sociale, ecc. Come possiamo cambiare modo di fare proprio ora? Cosa succederebbe se dovessimo fallire e non dovessimo arrivare a un miglioramento? 

Cambiare il modo in cui siamo e in cui approcciamo i problemi più andiamo avanti con gli anni più diventa impegnativo. Ma è importante essere consapevoli del fatto che, sebbene col tempo diventi più laborioso farlo, non è mai troppo tardi per cambiare sé stessi. 

Se è vero che la nostra mente costruisce degli schemi è degli automatismi, è altrettanto vero che il nostro cervello ha una importante capacità di adattamento e cambiamento: si chiama proprio plasticità neuronale quella meravigliosa attitudine del nostro cervello a plasmarsi, evolvendo. E quindi se è fatto per costruire schemi, è altrettanto capace di cambiare i circuiti. Dal punto di vista neuronale ciò è possibile ma la vera resistenza è talvolta psicologica. 

Esitiamo all’idea di iniziare un percorso di miglioramento personale perché non sappiamo dove porterà. Pensiamo che verremo giudicati, che perderemo il nostro status sociale o il rispetto degli altri. 

Se solo potessimo smettere di rimuginare su questi possibili esiti negativi, ci potremmo concentrare sull’alternativa. Se avessi successo nel mio cambiamento? E se fossi felice della nuova vita? Se non proviamo, non lo sapremo mai. Ci potremo consolare con l’idea che abbiamo evitato di fare un errore e risparmiato energie, senza pensare mai a quanto avremmo potuto essere felici.

“Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso.”

― Lev Tolstoj

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Cosa c’è dietro la perfezione dei perfetti?

Il disturbo d’ansia di solito è ben riconoscibile. Un attacco di panico è difficilmente dimenticabile mentre chi soffre di ansia generalizzata, ad esempio, vive una vita in un perenne stato di agitazione, caratterizzata da preoccupazioni e pensieri debilitanti costanti. 

Eppure esiste un tipo d’ansia che si maschera dietro comportamenti di persone  apparentemente di successo, performanti, produttive; i cosiddetti “bravi”, perfetti in ogni aspetto della loro vita. Questo tipo d’ansia viene comunemente chiamato ansia ad alto funzionamento e, sebbene sia difficile da identificare, è più frequente di quanto si pensi. 

Ma andiamo con ordine e capiamo come si manifesta, crea e risolve questo disagio psicologico.

Come si manifesta

L’ansia ad alto funzionamento è una forma di ansia che possono vivere quelle persone che sono alla costante ricerca della perfezione in tutto ciò che fanno. Sono l’immagine del successo: sempre presenti, preparati, puntuali e impeccabili. Può sembrare che questo tipo di ansia sia una buona cosa, che in qualche modo renda più facile fare le cose o avere successo. 

Ma non è tutto oro quello che luccica!  

Ciò che si nasconde sotto la superficie di un aspetto apparentemente perfetto, è un turbinio di ansie costanti. A differenza da altri disturbi d’ansia, chi soffre di ansia ad alto funzionamento calma queste preoccupazioni colmando le loro giornate di lavoro e impegni senza dedicarsi un momento di pausa. 

Le caratteristiche dell’ansia ad alto funzionamento possono essere percepite dagli altri come parte della personalità. Altre caratteristiche dell’ansia ad alto funzionamento, invece, sono interne e potrebbero non essere mai notate dagli altri, nonostante causino molto stress.

Caratteristiche principali
  • Bisogno di piacere e confrontarsi con gli altri
    • Paura di allontanare o deludere le persone, di essere un cattivo amico, coniuge e dipendente; paura di deludere gli altri, di non all’altezza delle aspettative; necessità di rassicurazione chiedendo indicazioni più volte o controllando frequentemente gli altri.
  • Costante sovraccarico di impegni
    • Incapacità di dire “No”, rilassarsi e “godersi il momento”
  • Pensiero eccessivo
    • Ruminazione e tendenza a soffermarsi sul negativo
  • Gestione del tempo non ottimale
    • Tempo perso arrivando troppo presto agli appuntamenti o procrastinazione seguita da lunghi periodi di lavoro intenso
  • Stanchezza mentale-fisica e insonnia
    • Difficoltà ad addormentarsi o svegliarsi presto e non essere in grado di riaddormentarsi
  • Vita sociale limitata
    • Rifiutare gli inviti
  • Difficile da leggere
    • Altri pensano che tu sia stoico, privo di emozioni, freddo

Come si crea 

L’origine di questo disturbo viene di solito associata al contesto sociale ed economico nel quale viviamo che spinge l’individuo alla performance, a dare il massimo e mostrare risultati tangibili e costanti. Si pensa che sia il sistema scolastico o l’ambiente lavorativo ad essere tossico e disfunzionale. Tuttavia, sebbene abbia grande rilevanza, è solo una parte del problema

Questa ricerca della perfezione, infatti, ha inizio soprattutto nell’educazione familiare guidata, ad esempio, dal classico concetto “se mi vuoi bene devi andare bene a scuola”. Considerando il ruolo determinante della famiglia nello sviluppo psicologico di ogni individuo, specialmente in tenera età,  questa apparente innocua frase motivazionale può dare il via di una connessione logica-mentale dannosa: se non si dà prestazioni, si va a deludere o a rovinare il rapporto con il genitore o la persona cara.  Si iniziano a creare quindi le basi di una gabbia da auto mantenere, un circolo vizioso che si autoalimenta con il tempo. 

Ansia ad alto funzionamento e Autostima

L’ansia ad alto funzionamento, difatti, ha profonde radici a livello di autostima. È un meccanismo che fa confondere il valore con la prestazione, la mentalità di crescita con il bisogno di mantenere l’immagine di sé. Ci si sente adeguati solo quando si ottengono risultati, come se fossero essi a definire il valore della persona e non l’essere in sé. Di conseguenza, questi risultati vengono immediatamente e automaticamente giudicati considerando un’ottica esterna, quella delle altre persone, ignorando il vero significato personale di essi. 

Una persona con ansia ad alto funzionamento raggiunge il successo non tramite una sana consapevolezza delle proprie potenzialità, motivazione e perseveranza, ma tramite l’energia nervosa, la paura di fallire e di deludere gli altri.


Come si gestisce

È evidente che questa ricerca alla perfezione richiede molte energie ed è normale che alla fine sfoci in alti livelli di stress.  Chi chiede aiuto psicologico per risolvere il disturbo di ansia ad alto funzionamento sono proprio i “bravi”; non perché riconoscono il problema alla base ma perché percepiscono la propria condizione troppo delicata, il cui prezzo da pagare in caso di errore è enorme. Sentono la pressione della propria immagine esageratamente pesante per poter proseguire i loro obiettivi e cercano una soluzione per alleviare quel peso, senza rendersi conto che sono proprio la loro attitudine e gli standard dei propri obiettivi l’origine della loro sofferenza.

Tuttavia, se ti ritrovi in questa descrizione o conosci qualcuno che sta vivendo qualcosa di simile, sappi che non è irrisolvibile, anzi, ci sono modi per gestire e superare questo circolo vizioso.

In ambito terapeutico, i disturbi d’ansia di questo genere sono solitamente trattati tramite la combinazione di terapia cognitivo-comportamentale e tecniche di training autogeno e mindfulness. L’obiettivo di tale trattamento è quello di sbloccare la persona dagli auto condizionamenti per permetterle di esprimere la propria essenza liberamente, placando i sintomi psicofisici dovuti allo stress.

Strategie per superare l’ansia ad alto funzionamento

Tra le strategie per superare l’ansia ad alto funzionamento, realizzare che la perfezione non esiste è tra le prime. Ognuno ha i propri limiti e tempi; solo accogliendo e comprendo la cosa si può effettivamente cambiare ed esprimere il meglio di sé. L’accettazione di sé è il primo passo per cambiare. Come dice Carl Rogers, 

“Il curioso paradosso è che quando accetto me stesso per come sono, allora posso cambiare.” 

Ciò significa che bisogna anche imparare a saper godere dei propri risultati. La soddisfazione è infatti la condizione primaria per riacquistare l’energia necessaria per ripartire. Per puntare alla tappa successiva bisogna essere prima soddisfatto di quella raggiunta; devo sentirmi soddisfatto nella condizione in cui sono e convincermi che era il meglio che si potesse fare. Perché spesso quello che viviamo non dipende solo da noi stessi; ci molte variabili in gioco che non sempre si possono controllare.

La ricerca della perfezione è tossica anche a livello relazionale. Offuscata da essa, si costruisce un atteggiamento tale per il quale vincere e avere risultati migliori hanno la priorità rispetto le persone e le relazioni costruite con esse.  Ma spesso, vincere non ne vale la pena. Per questo è importante imparare a saper perdere, analizzare e comprendere quando è il caso di lasciare andare in modo che anche altre persone possano sentirsi bene con se stesse. 

In conclusione,  il segreto è puntare ad un’armonia, avere un equilibrio nelle valutare le cose, le persone e contesti nei quali viviamo. La mentalità vincente è quella che sfrutta anche l’insuccesso come occasione. Quella che coglie il positivo ed estrae energia e motivazione dai propri successi o insuccessi. Una delle frasi più note di Denis E. Waitley, famoso oratore e consulente motivazionale, dice:

“I perdenti vedono dei temporali, i vincenti vedono degli arcobaleni. I perdenti vedono strade ghiacciate, i vincenti mettono i pattini da ghiaccio!”

Denis E. Waitley

Quindi cambiamo prospettiva, prendiamo la vita con meraviglia, divertimento e riflessione. Mettiamoci ai piedi i pattini e pattiniamo leggeri sulle strade della vita!