Speranza ai tempi del Covid, ha senso parlarne?

Sono passati quasi due anni dall’inizio della pandemia e, per il momento, pare non vedersi la fine. Due anni di costante preoccupazione hanno avuto un impatto su tutti, su chi si sentiva forte e stabile e su chi aveva già qualche fragilità. Nessuno è stato risparmiato, anche se non tutti abbiamo pagato lo stesso prezzo. Abbiamo anche assistito ad un picco di nuovi malesseri psicologici oltre che al riattivarsi di vecchi disagi. 

Quindi, chi più, chi meno, ci siamo tutti sentiti invasi da sentimenti di disperazione o paure, passando da un’iniziale incredulità e sgomento al ritrovarci ad essere più cinici di prima. Tutti sintomi di stanchezza psicologica ed impotenza emotiva e mentale. 

Speranze disattese 

Questa stanchezza mentale non è arrivata subito, all’inizio eravamo tutti spaventati dal nuovo e pericoloso virus, ma c’era speranza.
“Altre due settimane e torneremo alla normalità” ci dicevamo. 

Le settimane però si sono trasformate in mesi. Nonostante ciò, la nostra speranza collettiva si è rinnovata con una nuova aspettativa: sei mesi al lancio del vaccino, altri sei mesi fino all’immunità di gregge. Insomma, il tempo che passava era cadenzato dall’attesa di un domani diverso, della fine di questa situazione, del ritorno a ciò che era. 

Ora invece abbiamo talvolta la sensazione di essere tornati al punto di partenza con la possibilità dell’imposizione di nuovi blocchi ed un virus che sembra non voler demordere.
“La curva è in rialzo“. Il semplice atto di leggere queste poche parole è ora sufficiente per gettare chiunque nella sconsolazione e nella negatività. Eppure, non possiamo permettere che questo accada. Se non ci prendiamo cura del nostro benessere mentale, nessuno lo farà per noi. Ciascuno, infatti, può fare solo per sé nel cercare nel proprio mondo interno delle risorse mentali ed emotive per far fronte a questa situazione. 

Mentre ci avviciniamo alla fine dell’anno, la maggior parte di noi sarà incline a dire riguardo al 2021 “finalmente ci liberiamo di quest’anno!”, proprio come abbiamo fatto l’anno scorso. La domanda che ci possiamo porre è come possiamo uscire da questo anno con la sensazione che non sia passato invano. Con la forza del periodo natalizio forse è il momento di rivalutare i momenti vissuti in questi mesi: se non possiamo modificare ciò che accade, possiamo cambiare il nostro approccio e la nostra reazione a ciò che ci succede. 

Certo, prima nutrivamo la speranza che tutto si potesse risolvere rapidamente, meglio, diversamente… Ma questo perché non avevamo nella nostra memoria vicende simili da prendere come riferimento. L’immaginario collettivo all’interno di una tale circostanza si è ora ridimensionato, è arrivato il momento di ritornare a vivere. Prendere coscienza che non  possiamo prevedere né controllare tutto è il primo passo, cercare un adattamento funzionale è il secondo. Ma cosa significa adattamento funzionale? 

Concentrarsi sul positivo

Proviamo a dimenticare il mondo esterno per un momento e a guardarci intorno.  

Come possiamo cercare di vedere il positivo in questa situazione? Si tratta banalmente di vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto? Diciamo che potremmo intenderla come un tentativo di vedere ciò che c’è invece di ciò che manca o che non c’è più. Di partire da quello che abbiamo per cercare di cogliere le opportunità, in questo momento, con queste risorse. 

Potremmo imparare questa modalità dalla natura: questa si rigenera sempre, si rinnova e riparte da quello che c’è in quel momento. Immaginiamo un incendio che distrugge una foresta. Sembra tutto morto ma poi la foresta riparte a rigenerarsi da ciò che è rimasto, un virgulto, una piantina, un seme. Certo, non ha alternative. Nemmeno noi  ne abbiamo. Ruminare e fissarci su com’era, su come dovrebbe essere, ci fa perdere di vista ciò che c’è ora. Ma da questo si può ripartire. Solo da questo. 

Per combattere la stanchezza psicologica è necessario mettere le cose in prospettiva. 

La forza che abbiamo mai pensato di avere 

Le prove della vita in tempi di Covid si sono forse fatte più aspre ma, avendole superate, ne siamo usciti fortificati, cambiati. Pensiamoci: se qualcuno ci avesse detto nel 2019 che avremmo affrontato due anni di un’orribile pandemia, non ci avremmo creduto. Eppure, eccoci qui. Mentalmente esausti e forse anche un po’ depressi, ma ce l’abbiamo fatta. Un giorno alla volta abbiamo attraversato chiusure, distanze, limitazioni, perdite. Non si tratta di sopravvivere al solo virus, ma a questo periodo terribile con tutte le sue difficoltà. E ci siamo riusciti attingendo a delle risorse interne che forse nemmeno pensavamo di avere. 

Rivalutare le priorità

Prima eravamo abituati ad andare tranquillamente al ristorante o a fare shopping, a volte quasi anche in modo automatico: poi  abbiamo scoperto che questa routine non era poi così scontata. 

Questo ha portato alcuni di noi nello sconforto e forse qualcuno è rimasto in questa condizione. Qualcun altro, invece, ha colto l’occasione per scoprire dinamiche nuove, abitudini diverse, piaceri dimenticati…. Durante gli interminabili lockdown molti hanno riscoperto altri aspetti della vita: passare un tranquillo pomeriggio di relax, fare una passeggiata vicino casa, stare con la famiglia… Abbiamo realizzato che avere una vita sociale attiva è importante, ma lo è anche passare del tempo con se stessi o con i propri cari.

Durante la pandemia quindi, molte persone hanno riscoperto la gioia di godersi le piccole cose, un’abitudine che vale la pena di mantenere anche quando le restrizioni saranno completamente tolte. L’abitudine di prendere il meglio anche dalle situazioni che non possiamo controllare, vivendo pienamente. L’abitudine a vivere il “qui e ora”. 

Godiamoci il momento

Con l’avvicinarsi delle vacanze invernali, entrando nell’atmosfera natalizia, è quindi importante riconoscere che ci sono ancora molte cose di cui essere felici. 
Lasciamo andare la rabbia, il rancore e la negatività legati al passato e rivolgiamoci con disponibilità al futuro. Certo, in momenti di criticità la rabbia ci permette di reagire, ci offre un capro espiatorio esterno cui dirigere la nostra paura e la nostra frustrazione. Ma in questo caso la rabbia, se pur condivisibile, può logorarci. Ci fa perdere la possibilità di goderci il qui e ora, il momento. Ci fa ancorare a posizioni rigide, talvolta intransigenti ed irrazionali. A volte il nemico non è fuori ma dentro di noi. Ci segue come l’ombra e può prendere il sopravvento: ecco che allora la paura diventa il criterio su cui prendiamo le decisioni. Ma la paura non è mai una buona consigliera. 

Allora che si può fare? Se l’immaginario collettivo non ci aiuta possiamo andare a cercare altri riferimenti interni, magari semplicemente recuperare la saggezza dei nostri nonni: “se è andata così, doveva andare così”.

Non è semplice fatalismo o passività, è quella saggezza antica che ha sempre aiutato chi ci ha preceduto a superare le avversità della vita. Recuperarla significa concedersi di pacificarsi con sé e aprirsi alla possibilità di cogliere le reali opportunità che questo momento della vita ci riserva. Viceversa ci lasciamo solo invadere  e logorare da emozioni “tossiche” che imbrattano il nostro “qui e ora” e soffocano ogni possibilità di rigenerazione.
Lasciamoci alle spalle la rabbia e la paura che ci hanno portato fino a qui e apriamoci, preparandoci ad accogliere serenamente e con positività l’anno nuovo.